Antica Orologeria Zamberlan

Orologio della Torre di Piazza S. Marco

La risposta di Brusa alle critiche sul restauro

Sono passati diversi mesi dal 25 Ottobre 2000, giorno in cui abbiamo chiesto a Giuseppe Brusa quando avrebbe deciso di mettere a disposizione del pubblico la relazione tecnica sul restauro dell'Orologio della Torre di Piazza S. Marco, per rispondere ai dubbi sollevati sul suo lavoro dal nostro nostro articolo di critica.
Recentemente il sig. Brusa ha risposto ai nostri rilievi sul suo operato, dalle pagine del sito dei Musei Civici Veneziani.

Ecco le nostre controdeduzioni.

BRUSA: In quanto consulente di storia dell'orologeria, incaricato dai Civici Musei Veneziani di sovrintendere al restauro ancora in corso del movimento dell'orologio di San Marco,

R. & F. ZAMBERLAN: Ancora in corso? La fine del restauro è stata sontuosamente celebrata con una manifestazione pubblica nel 1999. Ecco due foto scattate in quell'occasione, messeci gentilmente a disposizione dalla Maison Piaget:

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BRUSA:respingo fermamente le critiche dei due Fratelli Zamberlan di Treviso apparse recentemente sull'Horological Journal. Esse sono tendenziose e frutto di mala informazione. Va fatto presente fra l'altro che le relative fotografie prese a Palazzo Ducale, dove il movimento è esposto provvisoriamente, non sono state autorizzate e non avrebbero dovuto essere usate per la pubblicazione.

R. & F. ZAMBERLAN: Le foto in realtà sono state autorizzate dal custode della sala in cui l'Orologio è esposto. E' vero che per pubblicarle avremmo dovuto chiedere l'autorizzazione dei Musei, ma visto che la rivista sulla quale sono apparse non è in commercio, abbiamo rispettato, se non la norma di legge che ne impedisce la diffusione, almeno la sua causa: preservare il diritto dei Musei a trarne vantaggio economico. Nel caso saremo denunciati per questo dai Musei Civici Veneziani, ammetteremo la nostra "colpa" e ne pagheremo le conseguenze.

BRUSA: Mi trovo inoltre costretto a rinviare il lettore all'iniziale malevolo attacco di Alberto Peratoner, ex-custode dell'orologio, determinato da sentimenti personali del tutto ingiustificati, nonché alla esauriente confutazione delle sue asserzioni scritta da me, anche per conto di Alberto Gorla, restauratore in carica.
Replico brevemente a commenti superficiali e infondati che tradiscono lo scopo principale di attirare l'attenzione al sito commerciale Internet della Ditta Zamberlan, dove gli orologi da edificio sono di casa come i dinosauri in una gioielleria.

R. & F. ZAMBERLAN: E' fin troppo facile replicare a tali insinuazioni: se il sig. Brusa avesse visitato attentamente il nostro sito, si sarebbe reso conto che il lato commerciale non è certo preponderante. Il sito è fatto da appassionati del proprio lavoro, per appassionati di orologeria, e ciò si può riscontrare dal tenore delle e-mail che riceviamo ogni giorno e che mettiamo a disposizione del sig. Brusa per appurare la veridicità delle nostre affermazioni.
Inoltre, mentre noi conosciamo il grado di competenza del sig. Brusa in fatto di orologi da torre, egli non è minimamente a conoscenza del tipo di cognizioni che noi abbiamo e ci sembra perlomeno incauto ed irrispettoso da parte sua usare certe metafore.

BRUSA: Gli autori scoprono le loro lacune in fatto di orologeria. Non conoscono la differenza fondamentale fra le Ore Temporali e le Ore Italiane, che pur sono la più antica e la più importante caratteristica dell'intero capolavoro e che appaiono prominenti sul maestoso quadrante che si affaccia su Piazza San Marco. Gli autori, che si ritengono all'altezza di dare rigorosi giudizi e consigli sul come operare restauri, parlano a sproposito dell'uso dello scappamento a riposo di Graham nel 1758, del quale non si ritrova traccia a Venezia, e lo associano confusamente con il disegno di un goffo scappammento ad àncora di data assai più tarda. E' significativo che, per formarsi un'opinione sul restauro in oggetto, essi abbiano dovuto ricorrere a vaghe informazioni di uno o due colleghi di cui non fanno il nome.

R. & F. ZAMBERLAN: Noi abbiamo visitato personalmente il meccanismo (così si spiegano le foto) e per dare un giudizio sul restauro abbiamo analizzato delle fonti storiche.
Il riferimento ai colleghi è stato male interpretato: nostri colleghi ci hanno parlato di ALTRI lavori eseguiti sotto la direzione di Brusa, da condannare secondo le regole del restauro in orologeria. Alcuni di tali colleghi sono ben conosciuti anche da Brusa, in quanto fanno parte della sua stessa associazione Hora. Altri sono esterni all'associazione e solo per riservatezza non ne pubblichiamo qui i nomi. Sappia comunque il signor Brusa che tali persone gradirebbero molto un contradditorio con lui e sono disponibili ad un contatto diretto.
Riguardo alle nostre conoscenze di orologeria, lasciamo ad altri, più competenti, il giudizio (qui la traduzione della lettera di Martin Burgess apparsa sull'Horological Journal del Marzo 2001. Nella sezione inglese del sito, è disponibile l'originale).

BRUSA: I Fratelli Zamberlan si domandano maliziosamente perché io sia stato scelto come consulente e perchè il compito di eseguire il restauro sia stato conferito direttamente ad Alberto Gorla da parte della Casa Piaget, in quanto sponsorizzatrice.

R. & F. ZAMBERLAN: La domanda non è maliziosa. Chiede solo perché non sia stata istituita una regolare gara d'appalto per l'assegnazione del lavoro, che riguardava una proprietà pubblica.

BRUSA: Le prime righe della "conclusione" scritte dagli stessi Zamberlan, che parlano di una ben conosciuta "eminenza" della nostra reputazione, costituiscono una valida risposta.

R. & F. ZAMBERLAN: Le nostre parole affermano che "Brusa e Gorla sono molto conosciuti in Italia, rispettivamente come il più eminente storico dell'orologeria e come uno specialista in orologi da torre." La frase, se letta attentamente, non afferma che gli stessi Brusa e Gorla SONO delle eminenti autorità, ma solamente che sono CONOSCIUTI COME tali. Ciò non sarebbe in ogni caso sufficiente per escludere dalla partecipazione ai lavori tutti gli altri orologiai.

BRUSA: A nostro credito sta, fra l'altro, la ricostruzione scientifica del grande orologio planetario di Lorenzo Della Volpaia effettuato per conto dell'Istituto e Museo di Storia dela Scienza di Firenze e esposto ripetutamente a scopi culturali negli Stati Uniti e in Germania. Non è stato possibile predisporre a Venezia una laboriosa gara d'appalto per aggiudicare il restauro, in quanto avrebbe richiesto gran parte del tempo entro la scadenza perentoria posta dalla Maison Piaget al 1° Febbraio 1999, cinquecentesimo anniversario dell'inaugurazione dell'orologio.

R. & F. ZAMBERLAN: Ciò vuol dire che la Piaget, per il solo fatto di aver sponsorizzato l'opera, ha preteso di disporre a piacimento delle proprietà pubbliche italiane? Per giunta, andando contro le leggi che impongono di far partecipare tutti i professionisti del campo all'assegnazione competitiva dei lavori? Chiederemo certamente conto di queste affermazioni alla Maison, che speriamo non abbia agito in questo modo.
Un'affermazione fatta sopra contrasta in ogni caso con questa frase, perché prima si dice che il restauro deve essere ancora completato ed ora si dice che c'era una scadenza perentoria per completarlo.
Il lettore malizioso potrebbe pensare che i "completamenti" si siano resi opportuni dopo la denuncia degli errori commessi dai restauratori.

BRUSA: Non risultava inoltre disponibile uno specialista di orologi da edificio con un grande laboratorio adeguatamente equipaggiato a sud delle Alpi.

R. & F. ZAMBERLAN: Come si può fare una simile affermazione se non si è nemmeno istituita la gara d'appalto? Chi può dire che non esista uno specialista capace di svolgere il lavoro se non lo si cerca? Forse il sig. Brusa conosce personalmente tutti gli orologiai italiani e le loro competenze? E perché limitarsi all'Italia? Alle gare d'appalto per oggetti di pubblica proprietà possono partecipare tutti i professionisti qualificati, anche esteri. Il movimento, poi, non è stato riparato a Venezia, bensì a Mantova, quindi è stato comunque trasportato. Infine, per la cifra stanziata per il restauro, 500 milioni di Lire, molti artigiani esteri si sarebbero spostati fino a Venezia, portando o noleggiando in loco l'attrezzatura necessaria. Fra l'altro, tali specialisti ESISTONO.

BRUSA: Personalmente io non ho avuto nulla a che fare con i compensi e le spese previste dagli sponsor per l'operazione.

R. & F. ZAMBERLAN: Ciò vuol forse dire che Alberto Gorla ha percepito l'intera somma di 500 milioni di Lire per la mera esecuzione materiale del lavoro? Sarebbe la cifra più alta mai stanziata nella storia dell'orologeria per un restauro "conservativo"!
Visto che il sig. Brusa era a capo della commissione del restauro, certamente saprà a chi è stato assegnato il finanziamento proveniente dalla Piaget. Anche questa informazione dovrebbe essere di pubblico dominio visto che, ripetiamo ancora, stiamo parlando di un oggetto di proprietà di un ente pubblico.

BRUSA: La Ditta Zamberlan lamenta che non si siano sottoposte in anticipo specifiche delle modifiche da apportare al movimento, ma abbiamo già spiegato e ripetiamo che, a causa del logoro e trascuratissimo stato di conservazione delle parti, che risulta dalla documentazione fotografica, non è stato possibile accertare le condizioni operative del movimento prima di averlo rimontato e sperimentato in una sede idonea.

R. & F. ZAMBERLAN: A parte che è assiomatico che la sede più idonea per esaminare il funzionamento di un orologio è la sua collocazione naturale, le "specifiche delle modifiche da apportare al movimento" non sono MAI state descritte in dettaglio, né prima né dopo lo smontaggio.
E' ammissibile che la descrizione degli interventi necessari al restauro sia stesa dopo aver trasportato l'orologio nel laboratorio di riparazione, ma non è assolutamente ammissibile che questa non sia redatta affatto. E non si cerchi di spacciare poche righe di commento scritte a posteriori come una regolare descrizione tecnica dei lavori richiesti per la revisione, perché abbiamo già presentato un esempio di ciò che si doveva fare e non è stato fatto a proposito di documentazione; si veda: WAGNER HOME PAGE.

BRUSA: In occasione tuttavia di parecchie riunioni tenute nel corso dei lavori abbiamo messo al corrente tutte le autorità responsabili, gli sponsor e i loro esperti circa i provvedimenti che andavano intrapresi. Gli esperimenti confermarono che l'orologio non avrebbe funzionato soddisfacentemente se i macchinosi cambiamenti del treno del tempo apportati nel 1858 da Luigi De Lucia, un meccanico improvvisatosi orologiaio, fossero stati conservati a ogni costo, come attualmente preteso da non professionisti dell'ultima ora.

R. & F. ZAMBERLAN: Gli esperimenti non sono stati documentati, ammesso che mai siano stati eseguiti. E' inammissibile decidere modifiche sostanziali ad un movimento antico di tale importanza senza nemmeno scrivere preventivamente una relazione che ne provi la necessità. Ancora, ricordiamo che la legge italiana lo IMPONE.
Stendiamo un velo pietoso invece sul riferimento ai "non professionisti dell'ultima ora", frase che si commenta da sola.

BRUSA: Ciò che è risultato valido particolarmente per il gigantesco pendolo da 2" introdotto a fini prevalentemente esibizionistici. In verità, il nostro scetticismo era stato sperimentato fin dagli inizi, quando già emersero difetti basilari e gli allora recentissimi cambiamenti si dimostrarono mal concepiti, come comprovato dagli sviluppi e da documenti ufficiali DEL 1865 E 1866. Sta di fatto che, in conseguenza del suo intervento, al De Lucia fu tolto quasi immediatamente ogni incarico, per cui dovette lasciare ingloriosamente la scena. Anche gli apparati per mostrare le ore digitali richiesero di essere migliorati. L'orologio, nonostante le interruzioni, fu fatto funzionare grazie alla continua assistenza dei custodi e ai loro espedienti, dei quali sono rimasti molti indizi. Tra questi, il discutibilissimo spostamento della sospensione del pendolo che, nel non lontano 1950, fu staccata dalla grande gabbia e attaccata all'antico soffitto ligneo.

R. & F. ZAMBERLAN: Per stessa ammissione del sig. Brusa, l'orologio, pur assistito dai temperatori, ha funzionato per 140 anni dalle ultime modifiche e, prima di smontarlo, ancora funzionava. Un intervento strettamente conservativo era con tutta probabilità sufficiente per assicurarne la continuità per gli anni a venire. Il contrario non è mai stato provato.

BRUSA: Molte osservazioni dei fratelli Zamberlan sono di importanza affatto secondaria dato che, nello stato attuale della meccanica, si richiedono ancora delle rifiniture.

R. & F. ZAMBERLAN: "Importanza secondaria"? "Rifiniture"? La meccanica è stata stravolta! Le rifiniture quali sono? Sostituire gli orrendi dadi esagonali usati al posto di quelli quadri? Eliminare le evidenti tracce di molatura diffuse su tutto il movimento? Ciò richiede lo smontaggio della macchina, perché molte sono in posti poco accessibili. Allora, il restauro non è finito e le cerimonie organizzate da Piaget e dal Comune festeggiavano un avvenimento che in realtà deve ancora accadere?
C'è una contraddizione palese col punto in cui Brusa afferma di non aver scritto una relazione sul restauro per la necessità di finire in tempi brevi i lavori.

BRUSA: Le loro argomentazioni non aggiungono nulla a quelle già espresse dall'ex-custode Alberto Peratoner.

R. & F. ZAMBERLAN: Aggiungono invece una testimonianza incontrovertibile: le foto, che da sole bastano a condannare il lavoro e che hanno provocato la decisa reazione del sig. Brusa ai nostri commenti.

BRUSA: I signori Zamberlan rifuggono da quello che risulta il punto nodale della questione come elucubrato dal loro mentore: se cioè un immaginario pendolo, che inspiegabilmente si avvicinava ma non batteva i 2", fosse già stato impiegato originariamente da Bartolomeo Ferracina, il maggior orologiaio italiano dell'epoca, che ideò l'intero movimento nel 1758. Tale pendolo sarebbe stato collocato tra il movimento e il grande quadrante astronomico e la sua lente avrebbe oscillato attraverso il pavimento. Mancano prove concrete e testimonianze e una simile strutturazione non si accorda affatto con le altre del Ferracina. I fratelli Zamberlan sembra condividano la nostra convinzione, ma cercano di evitare la conclusione che porta a addossare al De Lucia l'intera responsabilità del malfatto e a riconoscere che conservarlo nelle circostanze attuali, senza la costante vigilanza di un custode residente nella Torre, nuocerebbe al funzionamento dell'orologio.

R. & F. ZAMBERLAN: Il sig. Brusa ancora una volta non considera la priorità della conservazione su tutte le altre considerazioni storiche e filologiche. Lo stato della meccanica nel 1757 NON E' il "punto nodale della questione". Le differenti opinioni a riguardo sono irrilevanti. Ciò che conta è che nel 1858 l'orologio aveva, a detta di tutti, un pendolo lungo oltre 4 metri. Esso DOVEVA ESSERE MANTENUTO. Altrimenti, il restauro non è conservativo. Un pendolo del 1858, parte fondamentale del meccanismo, è incontrovertibilmente "antico" e non può essere eliminato. Tutte le ulteriori argomentazioni sono prive di fondamento. Non conta cosa ci fosse prima. Non conta se il funzionamento dell'orologio è reso inaffidabile da tale pendolo (ma non lo è! 140 anni di funzionamento lo provano). Lo scappamento del 1858 non doveva essere sostituito con una ricostruzione (congetturale, perdipiù) di quello presente nel 1757.
Ammettendo anche che per il funzionamento fosse necessaria la presenza continua di una persona, ciò è sempre accaduto nella storia cinquecentenaria della Torre.

BRUSA: Va riconosciuto che i fratelli Zamberlan alleggeriscono l'attacco originale dell'ex-custode e non contestano i punti della confutazione mia e di Alberto Gorla apparsi su Internet più di quattro mesi fa. I nostri argomenti sfatano realisticamente la chimerica congettura elaborata dal nostro principale antagonista. Fortunatamente, come abbiamo potuto dimostrare, esiste la prova macroscopica e assoluta che il pendolo del Ferracina era collocato a tergo del movimento e che era lungo meno della metà di quello del De Lucia, per cui non passava attraverso il pavimento. Siamo più che mai convinti quindi che sarebbe stato un imperdonabile errore ridurre il restauro entro limiti strettamente conservativi,

R. & F. ZAMBERLAN: Noi non alleggeriamo l'attacco dell'ex temperatore. Più semplicemente, non ci soffermiamo a discutere lo stato in cui si trovava l'orologio nel XVIII secolo perché è irrilevante ai fini del restauro conservativo. Tra l'altro, pensiamo che Brusa abbia torto anche su questo: secondo noi, anche il pendolo settecentesco era lungo oltre 4 metri.
Le ultime modifiche importanti al meccanismo sono state effettuate a metà '800 e dovevano essere conservate. Invece, sono stati eliminati pezzi vecchi di 150 anni per sostituirli con componenti nuove, modellate su un incerto stato settecentesco della meccanica. Il restauro conservativo era L'UNICO ammissibile e non è stato effettuato. Tale era il limite imposti da Piaget e dai Musei Veneziani. Il limite non è stato rispettato.

BRUSA: trascurando l'affidabilità e la durata di un monumentale capolavoro costruito per avere una parte fondamentale e spettacolare nella vita quotidiana della Serenissima.

R. & F. ZAMBERLAN: Visto che l'orologio aveva funzionato in quelle condizioni per 140 anni, ed ancora funzionava, qualsiasi bravo orologiaio avrebbe potuto mantenerlo in tale stato senza le alterazioni introdotte da Brusa e Gorla. Il contrario, cioè l'estrema ed inverosimile possibilità che l'orologio non potesse marciare senza la sostituzione di tutte le parti dello scappamento e le innumerevoli altre modifiche introdotte, avrebbe dovuto essere documentato in una relazione, mai pubblicata.

BRUSA: Siamo certi che il museo in cui saranno esposti gli elementi scartati dell'orologio, incluso il gigantesco pendolo del De Lucia e una estesa documentazione, offriranno ampie opportunità di studio e di valutazione delle motivazioni inevitabilii del restauro in corso.

R. & F. ZAMBERLAN: Non capiamo quale possa essere questa "estesa documentazione", se Brusa stesso ha ammesso di non averla potuta raccogliere né prima né durante il restauro, a causa delle pressanti scadenze imposte, a suo dire, da Piaget. Speriamo ci sarà risparmiato lo strazio di una relazione scritta a posteriori, basandosi semplicemente sulla memoria di quanto avvenuto ormai più di due anni fa.
Infine, le motivazioni "inevitabili" dell'intervento che è stato compiuto dovevano essere esposte da Brusa e Gorla PRIMA dei lavori, non indagate da altri dopo che sono stati terminati.