VII
GLI ARTICOLI APPARSI SUI GIORNALI (sino al 14 Febbraio 2001)
Da: IL GAZZETTINO (22 Agosto 2000)
L'ultimo "temperatore" dell'orologio della Torre di San Marco denuncia la scomparsa del vecchio strumento. Il mistero del pendolo di Peratoner.
Il delicato e imponente (era alto 4 metri) meccanismo è stato sostituito con uno più piccolo.
L'orologio della Torre di San Marco non è più lo stesso. Il pendolo del delicato meccanismo è stato sostituito e con esso quello che è considerato il cuore dell'orologio: lo scappamento, la ruota connessa e il numero dei denti che la compongono. Con la sostituzione del pendolo è cambiato anche il numero delle oscillazioni. L'orologio sembra lo stesso, ma lo stesso non è. E soprattutto, dove è finito il vecchio pendolo datato 1858, che porta incisa sulla lente la firma Luigi De Lucia? Nella mostra a Palazzo Ducale non è esposto. Sembra scomparso nel nulla. A lanciare l'allarme è l'ex temperatore dell'orologio della Torre, Alberto Peratoner.
Peratoner è l'ultimo, in ordine cronologico, dei 33 orologiai che hanno vissuto dal 1499 nella Torre, curandone il funzionamento e la manutenzione con continue revisioni. Una vita scandita dal battito delle ore dell'orologio, dal giorno della sua nascita fino al 1998, anno in cui ha dovuto lasciare la sua "casa" perchè ormai un temperatore non serve più.
La famiglia Peratoner si è presa cura dei delicati meccanismi della Torre dal 1916. Prima il nonno Emilio, poi il padre Giovanni Battista, e da ultimo, per dodici anni, Alberto, filosofo e ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia e teoria delle scienze dell'Università di Ca' Foscari.
"Nel 1858 - spiega Peratoner - Luigi De Lucia, in occasione di una riparazione a fondo dell'orologio settecentesco installa uno scappamento a caviglia, sostituisce il pendolo cambia la frequenza di battimento e crea un nuovo meccanismo per consentire la visualizzazione numerica delle ore. Con il passare del tempo la lama d'acciaio della sospensione si era un po' usurata, qualche dente della ruota era caduto. Si potevano correggere i difetti di usura, rispettando le forme e i materiali". E invece l'antico pendolo (quattro metri), è stato sostituito con uno più corto (un metro e 90 centimetri), e spostato di collocazione. "Doveva essere un restauro conservativo - afferma ancora Peratoner - e invece si sono stravolti i meccanismi dell'orologio e si è collocato il pendolo dalla parte opposta di dove è sempre stato dal 1759, come dimostrano una relazione tecnica e un disegno conservati nell'archivio della Celestia". Una scelta, quella di cambiare posto al pendolo sembra suggerita dalle osservazioni dello storico dell'arte Andrea Brusa. "Una trasformazione di questo tipo - conclude l'ultimo temperatore - non è sostenibile nè dal.punto di vista tecnico nè filologico. Il meccanismo è stato stravolto, le oscillazioni raddoppiate".
Per rendere un ultimo omaggio al vecchio orologio, ai suoi cinquecento anni di storia o come sostiene l'autore, per "fissare a perpetua memoria l'assetto raggiunto dal complesso organismo in cinque secoli di stratificazioni", Alberto Peratoner ha pubblicato ora un libro, edito dalla Cafoscarina: "L'orologio della Torre in San Marco in Venezia. Descrizione storica e tecnica e catalogo completo dei componenti": 140 pagine per una monografia in cui oltre a riportarne la storia, a ricostruire per la prima volta l'esatto elenco dei temperatori e a catalogare tutti i 2707 pezzi che lo compongono, Peratoner ha cercato di rendere intellegibile nel modo più semplice e schematico la compagine organica dell'orologio nelle sue funzioni e articolazioni.
Daniela Ghio
Venerdì, 25 Agosto 2000
A semplice precisazione di quanto ...
A semplice precisazione di quanto contenuto in un articolo di Daniela Ghio sul pendolo dell'orologio della Torre, mi è gradito dare assicurazione che lo stesso è conservato dei depositi museali dopo un'accurata pulitura e pronto per essere esposto, assieme ad altri importanti reperti dell'orologio, nel piccolo museo che è previsto di allestire nella Torre.
Tale museo sarà dedicato alla storia dell'edificio e dei meccanismi del tempo che ne hanno significativamente contrappuntanto le secolari vicende. In tale ricostruzione sarà riservata la più grande attenzione ai radicali interventi ottocenteschi del De Luca che mutarono in termini molto significativi la macchina settecentesca, la sua filosofia, il suo funzionamento, soprattutto a seguito della introduzione dei due grandi tamburi con le ore e i minuti visibili dalla Piazza e del relativo complesso macchinismo. Questa operazione obbligò, come è noto, a rimuovere la "giostra" con la processione dei Re Magi e dell'Angelo e a mutare l'assetto complessivo dell'orologio e la dimensione e il periodo del pendolo.
Quando i lavori alla Torre saranno terminati, l'orologio rimontato, il piccolo museo aperto al pubblico, sarà possibile apprezzare nuovamente una delle più amate "meraviglie" di Venezia finalmente restaurata.
G. Romanelli
Direttore Civici musei.
Da: LA NUOVA VENEZIA (12 settembre 2000)
"Il pendolo è più corto e fuori posto, il restauro dell'orologio è sbagliato"
LA POLEMICA
L'ultimo "custode" attacca i Musei
di Sebastiano Giorni
VENEZIA. "Perché a Venezia il com'era dov'era, vale per opere da ricostruire totalmente, come la Fenice, e non per il restauro di oggetti ben conservati com'era l'Orologio della Torre?" A chiederselo è Alberto Peratoner, l'ultimo dei 33 custodi, o più correttamente orologiai temperatori, succedutisi dal 1499 al 1998 nella Torre dell'Orologio. Dopo il recente restauro targato Piaget, infatti, non sarà più necessaria nella Torre la costante presenza di un orologiaio. Secondo Peratoner, la cui famiglia si è presa cura dell'orologio fin dal 1916, il restauro commissionato dai Musei Civici ed eseguito sotto la direzione dello storico dell'arte Giuseppe Brusa non è stato filologicamente corretto, avendo comportato lo spostamento e l'accorciamento del pendolo. "Invece di fare un restauro conservativo la direzione dei civici musei ha seguito un'ipotesi filologica in base alla quale ha deciso non solo di accorciare il pendolo (dagli originali 4 metri al metro e 90 cm di oggi), ma anche di spostarlo dalla parte opposta della meccanica del tempo, dove è sempre stato".
Diversa l'opinione di Giandomenico Romanelli, direttore dei Civici Musei: "Ci siamo affidati ai massimi esperti per operare un restauro dell'orologio che tenesse conto delle radicali trasformazioni che aveva subito nell'800 ad opera del De Lucia. Un intervento che mutò in termini significativi la macchina settecentesca, con l'introduzione dei due grandi tamburi con le ore e i minuti visibili dalla Piazza e con la trasformazione dell'assetto complessivo dell'orologio e della dimensione del pendolo, il cui allungamento costrinse al taglio di un pavimento".
"Sono grossolane inesattezze - ribatte Peratoner che ha recentemente pubblicato una dettagliata monografia, edita dalla Cafoscarina, dal titolo "L'orologio della Torre" - in quanto basta studiare la Relazione tecnica ed i disegni del 1856 di Marini e Doria, scritta due anni prima del restauro del De Lucia, per capire che il pendolo è sempre stato dalla stessa parte e che soprattutto il taglio del famoso pavimento fu fatto nel 1757 e non un secolo dopo come sostiene Romanelli"
Una questione quella del restauro del famosissimo orologio, ospitato da 500 anni nella Torre che campeggia all'entrata delle mercerie in Piazza S. Marco, destinato a far discutere ancora a lungo.
Infatti se per Romanelli "le osservazioni di Peratoner fanno parte del piacere della discussione su un oggetto di grande valore storico, e sono in parte dettate dal legame affettivo verso quella strana residenza che per molti anni ha ospitato la sua famiglia", Peratoner non si dà per vinto ed assicura che la sua ricostruzione storica ha invece già avuto il conforto di molti esperti orologiai, oltre a quello dei documenti conservati nell'archivio della Celestia.
Da: LA NUOVA VENEZIA (24 ottobre 2000)
Il restauro dell'orologio di piazza S. Marco
Leggo con sorpresa quanto pubblicato circa una campagna che sarebbe stata lanciata dal dottor Timothy Treffry, direttore dell'Horological Journal, contro il recente restauro del movimento dell'orologio di piazza S. Marco.
Ciò non risponde affatto a verità. Il dottor Treffry, come risulta da una sua comunicazione in mie mani, fu teatralmente informato per la prima volta da certo dottor Lojacono, da Venezia, il quale caldeggiava la nota presa di posizione del dottor Peratoner. Alla fine di settembre ho inviato, come richiesto, la mia risposta all'Horological Journal. A quanto mi ha confermato personalmente nei giorni scorsi, il dottor Treffry non intende affatto aderire a una campagna avente motivazioni che esulano dall'ambito della sua associazione. E' fin troppo evidente che si è trattato di un pretesto per dare risalto a un'iniziativa locale. Le critiche all'operato di Alberto Gorla e mio mosse dal dottor Peratoner verranno esaurientemente confutate quanto prima in sede adeguata alla loro consistenza.
Giuseppe Brusa
Milano
Da: LA NUOVA VENEZIA (24 ottobre 2000)
Il restauro dell'orologio di S. Marco
Essendo stato chiamato direttamente in causa dal sig. Brusa nella sua lettera del 24 ottobre sul restauro dell'Orologio di piazza S. Marco, desidero fare alcune precisazioni su quanto da lui affermato. Se da un lato è vero che l'Horological Journal non sta conducendo una campagna contro il restauro, è altrettanto vero che la prestigiosa rivista inglese è vivamente interessata alla vicenda dell'orologio marciano e ne sta informando i suoi lettori. Questo mese ha, infatti, pubblicato la mia lettera di segnalazione degli errori commessi durante il restauro, il prossimo mese pubblicherà la risposta di Brusa e, a seguire, un articolo a carattere storico sulla Torre dell'Orologio scritto da un membro del British Horological Institute. Mi pare chiaro a questo punto che, contrariamente a quanto afferma Brusa, il grande interesse mostrato dagli specialisti inglesi per la vicenda del restauro dimostri come la relazione del dott. Peratoner non sia né "un pretesto" né "un'iniziativa locale" bensì una credibile e ben documentata denuncia della non conservatività del restauro compiuto.
Vorrei ricordare ai lettori come, paradossalmente, a Venezia non si possano modificare oggetti e strutture, anche insignificanti, di soli 50 anni fa (come il tendone di un ristorante) ma si voglia far accettare, o passare sotto silenzio, la manomissione di un capolavoro settecentesco come l'orologio marciano che risale ad oltre 240 anni fa.
Concludo facendo notare come, nella sua lettera, Giuseppe Brusa non entri mai nel merito dei rilievi tecnici e scientifici sollevati dall'ex temperatore Peratoner nella sua relazione tecnica (vedasi: www.orologeria.com). Immagino sia perché non può: non si possono, infatti, confutare la validità e veridicità dei documenti d'archivio pubblicati dal Peratoner, né si può in alcun modo affermare che il restauro sia stato conservativo, come richiesto dalla Soprintendenza. Tale tipo di restauro è, per definizione, un intervento volto a ridare ad un oggetto antico il suo fulgore originale senza alterarne la minima parte e utilizzando tecniche di lavorazione dell'epoca. Dimezzare la lunghezza del pendolo ligneo, ricostruirlo completamente in metallo e spostarlo dal lato opposto del castello, come hanno fatto Brusa e Gorla, non mi pare risponda a questi criteri.
Pietro Lojacono
Venezia
Da: IL GAZZETTINO (14 Febbraio 2001)
Il British Horological Institute critica pesantemente l'intervent all'orologio della Torre di San Marco che "non è conforme alla miglior pratica"
È TEMPO DI FERMARE QUEL RESTAURO
"Non avremmo mai immaginato un fallimento del genere" - "Lavoro condannabile dal punto di vista tecnico"
Il restauro dell'orologio della Torre di San Marco? Un vero orrore e del tutto scorretto nell'esecuzione a detta dell'"Horological Journal", l'organo ufficiale della più prestigiosa associazione di tecnologia e storia dell'orologeria d'Europa, il "British Horological Institute".
Il suo direttore, Timothy Treffry nell'editoriale del numero di febbraio 2001, intitolato "Un problema a Venezia", parla dei criteri da osservare per un buon restauro e conclude: "Il controverso restauro dell'orologio di San Marco non è conforme alla miglior pratica. Esso ha sostituito qualcosa di genuino con qualcosa di falso, peggio ha aggiunto modificazioni che sono interamente nuove. Sarebbe una disgrazia se questo recente restauro divenisse parte della storia dell'orologio. È ancora possibile ritornare precisamente alla situazione esistente prima che cominciasse questo intervento. Inevitabilmente rimarranno alcune cicatrici. Non saranno tutte solo nel metallo".
A pagina 52 della prestigiosa rivista c'è un articolo dettagliato di Renato e Franco Zamberlan (rintracciabile anche in Internet sul sito www.orologeria.com), esperti orologiai restauratori di Treviso, a loro volta membri del "British Horological Institute", che censura in cinque dettagliate pagine il restauro operato da Giuseppe Brusa e Alberto Gorla: "Abbiamo visitato il meccanismo - scrivono - e l'impressione che abbiamo avuto da questo è stata semplicemente orribile. Il lavoro non è condannabile solo dal punto di vista storico ma anche tecnico". In particolare i due orologiai considerano inaccettabile la sostituzione del pendolo e la nuova sospensione, così come condannano l'uso di dadi ciechi in acciaio inox o di dadi e bulloni esagonali zincati in un movimento del XVIII secolo e i fori tappati presenti sul mozzo di una ruota, frutto di errori.
E concludono: "Alberto Gorla ha restaurato diversi importanti orologi monumentali in tutto il paese. Siamo rimasti attoniti quando abbiamo visto per la prima volta i risultati del suo intervento sull'Orologio di San Marco. Non avremmo mai immaginato che un importante orologiaio fosse capace di un fallimento del genere. Non è piacevole definire il lavoro di un collega come scorretto". Le critiche non risparmiano neppure Brusa: "Abbiamo più volte chiesto a Giuseppe Brusa di farci avere una descrizione tecnica del lavoro svolto sull'orologio. Non ci è mai stato fornita e non ci stupiremmo se non esistesse affatto. Brusa sostiene che Piaget ha approvato incondizionatamente il suo lavoro. Noi speriamo, in tutta sincerità, che la Maison non lo abbia esaminato con attenzione, oppure che non abbia proprio espresso tale opinione."
"Sono soddisfatto - commenta Alberto Peratoner, l'ex temperatore dell'orologio della Torre che per primo ha lanciato l'allarme - Finalmente esperti di alto profilo internazionale ribaltano l'operato e la presunta competenza dei restauratori, dandomi ragione. Non mi risulta che per il restauro dell'orologio sia stato fatto alcun bando pubblico e non esiste alcun progetto scientifico degno di questo nome. Eppure si tratta di un bene prezioso che appartiene a tutta l'umanità. Tutte le scelte sono state fatte dalla Direzione dei civici musei".
Daniela Ghio
[...] I lavori riguardanti la muratura cominciarono nel marzo
1858 con il consolidamento e rinforzo della volta sommitale della Torre, sottoposta
al peso della copertura marmorea e del gruppo bronzeo dei Mori con la relativa
campana. Le vecchie e pericolanti scale di legno vennero sostituite con una
scala a chiocciola in elementi di ghisa e, per l'ultimo tratto, con una scala
simile di minor diametro, realizzate nella fonderia di Odoardo Collalto a Mestre.
Le facciate vennero restaurate nei rivestimenti marmorei e nelle dorature (statue
della Madonna e del Leone, fregi delle parti mobili dei Quadranti, porte dei
Re Magi) [Nota 1] .
Quanto all'Orologio, la Commissione tecnica, nel rapporto
del 1855, suggeriva la dotazione di un apparato luminoso per la visualizzazione
notturna dell'ora.
De Lucia, constatata l'impossibilità di rendere trasparente
il quadrante per illuminarlo dall'interno, provvide a tale richiesta con la
realizzazione di due grandi strutture dodecagonali (più tardi invalse l'uso,
trasmesso sino ai tempi più recenti, di chiamarle tàmbure) rotanti e dotate
di 12 pannelli a traforo ciascuna, con l'indicazione delle ore (in numeri romani,
da I a XII) e dei minuti (in cifre arabe, da 0 a 55, in successione di multipli
di 5).
Le due tàmbure, collocate in corrispondenza delle porte di uscita (ore)
e rientro (minuti) della processione dei Re Magi, e collegate ad un meccanismo
specifico di comando sovrapposto all'impianto originario del Ferracina, vennero
opportunamente schermate mediante due paratie composte estraibili che lasciassero
vedere, di ciascuna, soltanto un pannello numerato per volta. Ricoperti di vetro
lattescente, i numeri a traforo poterono essere illuminati dall'interno nelle
ore di oscurità, dapprima mediante due beccucci a gas e successivamente con
lampade elettriche. Una tale soluzione costituisce uno dei primissimi esempi
in Europa di visualizzazione numerica mediante apparati rotanti di grandi dimensioni
su un orologio da torre.
Il fatto interessante è che De Lucia riuscì genialmente a concepire tale progetto
in una forma assolutamente rispettosa della meccanica della processione dei
Re Magi e delle sue esigenze spaziali, che pure sembra a prima vista ostacolare
in modo insuperabile per essere le tàmbure installate proprio in corrispondenza
del circuito di passaggio degli automi.
I dispositivi e le articolazioni che
realizzò per la rimozione delle tàmbure dodecagonali, la sostituzione delle
paratie con le porte automatiche e il ripristino pieno ed efficace, eseguibile
in qualsiasi momento dell'anno, dell'automatismo della processione dei Re Magi
(negli ultimi tempi ciò veniva effettuato regolarmente per le Solennità dell'Epifania
e dell'Ascensione) rivela una valutazione di spazi e volumetrie, movimenti e
dinamiche di interazione funzionale veramente degna di rilievo per l'interesse
delle soluzioni adottate.
Si potrebbe dire che un attento dimensionamento, un'oculata
organizzazione degli spazi e un sapiente posizionamento e calibratura di leveraggi
e componenti statiche e meccaniche, ha prodotto una sorta di alternanza 'dialogante'
di due funzioni complesse e articolate, compresenti nel medesimo ambiente di
allocazione.
Per i periodi di uscita dei Re Magi si dotò inoltre la Torre di
un semplice apparato suppletivo di esposizione manuale delle cifre di ore e
minuti: due schermature lignee permettevano la riduzione delle due finestre
circolari superiori presso il quadrante in aperture quadrangolari dove venivano
inserite a mano apposite tabelle di legno con la numerazione dipinta (bianco
su fondo azzurro) delle ore e dei minuti.
Altri interventi di rilievo riguardarono il pendolo e il sistema di scappamento.
De Lucia realizzò un nuovo pendolo, appena più lungo di quello ferraciniano,
portando le oscillazioni a 1800 contro le 1828 per ora del precedente, come
è testimoniato dalla monografia di Nicolò Erizzo, pubblicata immediatamente
a ridosso dell'intervento [Nota 2].
Si
ottenne così un pendolo avente un periodo di oscillazione di 2 secondi esatti,
contro 1,969365429 secondi del pendolo precedente.
Perfezionato nella sospensione
e nell'apparato di regolazione, il pendolo mantenne del resto la posizione originaria,
sospeso al supporto fissato al montante angolare SSE del castello centrale (si
veda il n. A1.11.69 del catalogo). Lo attesta il nostro ritrovamento dello stesso
supporto nell'intercapedine sottostante al basamento ligneo del castello centrale
dell'Orologio [Nota 3].
Lo attesta
con certezza ancora la relazione di N. Erizzo, che parla dell'aggiunta, in questa
occasione, di un congegno di perfezionamento "al braccio orizzontale che fa
muovere il pendolo stesso, trovandosi questo fuori dal centro della macchina
dell'orologio, ..." [Nota 4].
Con
questo particolare perfezionamento non si fece che seguire l'indicazione di
Annibale Marini e Giovanni Doria, che nel citato Rapporto del 22 luglio 1856
avevano suggerito la "riformazione del braccio di leva trasversale, che mette
in comunicazione l'Asta del tempo, per poterlo levare e pulire quando occorre,
essendo l'esistente stabile, quindi impossibile la precisione del moto" [Nota
5].
Dunque il pendolo si trovava, indipendentemente
dall'intervento del De Lucia, decentrato rispetto alla macchina centrale, e
questi aggiunse un congegno al braccio orizzontale, che quindi esisteva già;
del resto sarebbe illogico e a dir poco assurdo pensare che il pendolo si potesse
antecedentemente trovare in altra posizione, magari catapultato dalla parte
opposta (!) rispetto al settore di alloggiamento del sistema del Tempo. Il decentramento
originario del pendolo è ulteriormente e incontestabilmente confermato da un
disegno di corredo del medesimo rapporto tecnico di Giovanni
Doria e Annibale Marini sullo stato dell'Orologio, dove si vede il braccio di
trasmissione orizzontale raccordarsi all'asta del pendolo [Nota
6].
Ancora. Il pendolo, con la sua bella lunghezza di oltre
4 m, attraversava il solaio al di sotto del meccanismo centrale e portava la
lente ad oscillare in vista nella stanza sottostante, assetto di certo precedente
all'intervento del De Lucia, in quanto: a) il modificato periodo di oscillazione,
come si è visto, non mutò in modo considerevole la lunghezza dell'asta del pendolo;
b) L'ampio e puntualissimo rapporto tecnico di Sebastiano Cadel, datato al 27
luglio 1859, così esteso e meticoloso nel descrivere ogni benché minimo intervento
alle strutture della Torre, non fa alcuna menzione di una perforazione del solaio,
che si sarebbe resa necessaria se il De Lucia avesse in quel tempo portato il
pendolo ad una lunghezza tale da doverlo attraversare: quella perforazione esisteva
già, almeno dal tempo del Ferracina, perché il pendolo era lì dal tempo di Ferracina,
né è possibile ipotizzare che il passaggio sia stato realizzato dopo la scrittura
del Cadel, in quanto il suo Rapporto fissa un altro interessante particolare:
"(…) nella stanza sottoposta [al meccanismo centrale] fu costrutto un armadio
a custodia del pendolo" [Nota 7].
Si
tratta di una vetrinetta di protezione, realizzata nel contesto di una serie
di serramenti di isolamento e protezione dell'Orologio [Nota 8],
che rimase in opera fino al 1953, quando il pendolo
fu sollevato rispetto alla sua posizione originaria [Nota 9].
Nell'Atto di consegna a Pietro Citella, in data 3 marzo
1900, troviamo inventariata: "Mobigliare - Piano Primo - 1 Custodia per la lente
del pendolo, in noce con lastre di vetro" [Nota 10]. E
in una vecchia fotografia inedita, anteriore al 1950, è visibile la grande lente
del pendolo oscillare, protetta da una vetrina, nella saletta sottostante al
meccanismo, un tempo soggiorno dell'appartamento concesso agli orologiai-temperatori
[Nota 11].
Il citato Rapporto di
G. Doria e A. Marini include pure un interessantissimo disegno rivelatore della
tipologia dello scappamento ferraciniano, del tipo ad ancora a riposo [Nota
12]. Anche l'ancora e lo scappamento vennero
modificati; per l'asse dell'ancora De Lucia provvide a ridurre sensibilmente
gli attriti di oscillazione facendone posare il perno prossimo all'ancora stessa
su una coppia di piccoli cilindri oscillanti imperniati al ponte. Per il gioco
di scappamento adottò un sistema a caviglie cilindriche a riposo su palette
a declinazione curva [Nota 13]. Sul
braccio esterno dell'ancora si conserva la firma Luigi De Lucia, incisa anche
sulla lente del pendolo.
Un cronometro di precisione dotato di pendolo a compensazione a mercurio, costruito
da Costantino e Fedele Zorzi, di Venezia, fu acquistato quale strumento di regolazione
dell'Orologio della Torre. Inoltre, la Commissione tecnica propose anche la
realizzazione di una meridiana, ad ulteriore riscontro per una perfetta regolazione
dell'Orologio, ma l'idea venne lasciata cadere.
Ancora il De Lucia sostituì i tamburi lignei di avvolgimento dei cavi con nuovi
tamburi in metallo, risistemò i tiranti delle sonerie e provvide a dotare i
giochi dei perni di nuove bronzine e boccole; sostituì pure le pulegge angolari
occultate nell'intercapedine sotto il basamento ligneo del castello centrale,
dotandole di apparati di lubrificazione a tenuta costante, e conferì alle pulegge
sommitali dei pesi maggiore stabilità mediante l'inserimento di barre metalliche
di sostegno. Al castello centrale venne sovrapposto, come dicemmo, il meccanismo
di comando dei numeri automatici luminosi.
Nel marzo 1859, infine, si restaurarono anche le statue semoventi dei Re Magi,
senza però intervenire direttamente sul meccanismo che ne azionava l'uscita.
Il 2 giugno 1859, in occasione della Solennità dell'Ascensione, la facciata
della Torre venne scoperta e l'Orologio riattivato. La prima testimonianza iconografica
della Torre dopo l'intervento del De Lucia è con tutta probabilità la tavola
di G. Pividor, disegnata per il volume di N. Erizzo, pubblicato l'anno dopo
[Nota 14]. [...]
[Nota 1] I lavori riguardanti l'impianto edilizio della Torre sono ampiamente documentati in un ampio e dettagliatissimo rapporto finale dell'ing. Sebastiano Cadel (Orologio di S. Marco, lavori alla Torre ed ai Meccanismi, 1855-59, III, 5, 6). [Ritorna al testo]
[Nota 2] N. Erizzo, Relazione storico-critica della Torre dell'Orologio ..., cit., pp. 130ss. [Ritorna al testo]
[Nota 3] Il ritrovamento avvenne nella primavera del 1998 e fu prontamente notificato alla Soprintendenza in data 30.4.1998. L'identità e la funzione del pezzo è inequivocabile e non merita neppure di essere giustificata; diremo soltanto che la sua barra verticale presenta due perforazioni, distanti tra loro cm 30, che cadono in esatta corrispondenza delle viti ancora infisse sulla fiancata esterna del montante angolare di SSE, dove appunto il ponte di sospensione si trovava fissato. Come riveleremo più avanti, esso cadde in disuso con il sollevamento della sospensione e il suo riposizionamento appena sotto la travatura superiore della stessa sala, effettuato alla metà del Novecento. [Ritorna al testo]
[Nota 4] Ibid., p. 132. [Ritorna al testo]
[Nota 5] Orologio di S. Marco, lavori alla Torre ed ai Meccanismi, 1855-59, III, 5, 6. [Ritorna al testo]
[Nota 6] Ibid. Riproduciamo qui, in apposita tavola, tale importante testimonianza. [Ritorna al testo]
[Nota 7] Ivi. [Ritorna al testo]
[Nota 8] Ad esempio, fu realizzata la vetrata-divisorio a mezzaluna in comparti per l'isolamento dalle intemperie dei ruotismi del Quadrante. La mancanza di simili serramenti di protezione aveva in passato causato rilevanti difficoltà di manutenzione e conservazione ai responsabili: tra le testimonianze raccolte dalla fine del 1550 all'inizio del 1551 troviamo le seguenti osservazioni: "Inveni nel primo solario di esso horologio parte del circulo tondo de rame et el razo che è luoco aperto per distantia de brazzo mezo dal muro della faza sopra la piaza, et questo per rispetto del lavorar, nel qual mezo brazo entra lo aere puro, et chiaro. (…) et per quello si può considerar quando piove, et nevega con li straventi per quelli lochi la entra perché come si vede lo horologio sempre è sta a quel modo, et per l'antiguità et per la mision del loco" (Giovanni Francesco Merlino, 17 dicembre 1550); "(…) ma vero è che l'è ruzene per questo respetto che l'è aperto, et a tempo di pioze, et neve, non si può del tutto diveder, che non vi entri dentro (…). Ita che concludo, che non li manca niente, et bon saria proveder, che non li andasse la pioza, et neve dentro, et farlo netto, et governarlo." (Giovanni Antonio Bianchini, 23 febbraio 1551). Archivio di Stato di Venezia, Procuratori de Supra - serie Chiesa, b. 64, f. 1. [Ritorna al testo]
[Nota9] Si veda oltre. [Ritorna al testo]
[Nota 10] Archivio Storico Comunale di Venezia, Torre dell'Orologio, 1936-40, X, 8, 3. [Ritorna al testo]
[Nota 11] La vecchia fotografia, di proprietà della famiglia Peratoner, è qui riprodotta ad illustrazione e testimonianza dell'antica posizione del pendolo. [Ritorna al testo]
>[Nota 12] Il disegno, come il precedente che raffigura la barra di trasmissione del pendolo, trovasi riprodotto nel presente volume. [Ritorna al testo]
[Nota 13] Un simile scappamento era già stato ideato da Jean André Lepaute nel 1753, e descritto nell'opera Traité d'Horlogerie, contenant tout ce qui est nécessaire pour bien connoitre et pour régler les Pendules et les Montres, la description des Pièces d'Horlogerie les plus utiles, des répétitions, des équations, des Pendules à une roue, &c., celle du nouveau échapement, un Traité des engrenages, …, Paris, J. Chardon, 1755, pp. xxxv -308, 17 tavv. [Ritorna al testo]
[Nota 14] Della Torre dell'Orologio con la dotazione del nuovo apparato dei numeri automatici abbiamo splendide fotografie ottocentesche, come quelle scattate da A. Perini nel 1860 (Torre dell'Orologio, parte della serie pubblicizzata come Souvenir de Venise, ripr. in: D. Ritter, Ottocento. Immagini di Venezia 1841-1920, Venezia, Arsenale Editrice, 1994, pp. 124-125) o da C. Naya nel 1870 (Piazza San Marco al chiaro di luna, ivi, p. 39). Cfr. anche la fotografia Piazza San Marco verso la Torre dell'Orologio, in: L. Filippi, Vecchie immagini di Venezia, vol. I, Venezia, Filippi, 1991, p. 125. [Ritorna al testo]