L'articolo che segue non vuole essere un trattato sul procedimento della tempera dei materiali, argomento molto vasto e complesso che richiede descrizioni e spiegazioni che esulano dal nostro campo di applicazione.
L'argomento è svolto in maniera pratica, sono descritte le varie tipologie di forni che si possono trovare nelle officine che lavorano l'acciaio e le procedure per le varie operazioni che concernono la tempera.
Le descrizioni possono aiutare a risolvere anche molti problemi che si presentano in un laboratorio di orologeria che di solito non dispone delle particolari attrezzature per la tempera ed il rinvenimento dei metalli menzionate nell'articolo.
E' ovvio che solo una buona dose di pratica può far giungere a buoni risultati, quando ci si trova a dover operare senza mezzi sofisticati.
Il termine indica il noto fenomeno dell'indurimento che avviene nell'acciaio quando, riscaldato al calor rosso chiaro, esso sia rapidamente raffreddato.
L'agente principale del fenomeno è il carbonio poiché la temperabilità dell'acciaio aumenta col crescere del tenore in carbonici, mentre il ferro puro non è suscettibile d'alcun tipo di tempera.
Prima di addentrarsi nell'argomento, è necessario intendersi sul significato di altre parole. Così, si dice che l'acciaio è incrudito quando, per il lavoro subito di fucinatura, s'indurisce. L'incrudimento, dovuto a cambiamento di struttura, si può far scomparire, sottoponendo l'acciaio alla "ricottura", che consiste nel riscaldamento al calor rosso (800°C) e nel successivo lento raffreddamento sotto la cenere, ossia fuori del contatto con l'aria. Con tale operazione si rigenera la struttura dell'acciaio.
Con la ricottura si può togliere la tempera dell'acciaio: è necessario portare il pezzo ad una temperatura uguale o maggiore a quella a cui è stato temperato, quindi farlo raffreddare a rilento.
Infine, si può modificare il grado di tempera di un pezzo d'acciaio, riscaldandolo più o meno: questa operazione è chiamata rinvenimento.
Poiché l'operazione della tempera si compone di tre successivi periodi: riscaldamento, raffreddamento e rinvenimento, accenneremo ai mezzi adoperati in pratica per ciascun processo.
II riscaldamento per la tempera deve procedere uniformemente in tutta la massa del pezzo altrimenti questo, non dilatandosi ugualmente, subisce delle tensioni molecolari interne e può screpolarsi o rompersi, quando è raffreddato.
Durante il riscaldamento il pezzo deve essere sottratto a qualsiasi influenza dannosa del fuoco e la temperatura deve essere accuratamente sorvegliata, per non superare il limite indicato per la qualità dell'acciaio che si sta adoperando.
Tale limite è compreso fra 700° e 900°C, per gli acciai comuni da utensili, fusi al crogiuolo; al disotto dei 700° la tempera non ha luogo e al disopra dei 900° si corre il rischio di "bruciare" l'acciaio ovvero di renderlo fragilissimo. Per gli acciai speciali, detti rapidi, si richiedono temperature di tempera che arrivano sino a 1300°C, molto vicino al punto di fusione.
Per tali esigenze non sono sufficienti le procedure comuni ed infatti sono adottati dall'industria forni per tempera di costruzione particolare. Ce ne sono a carbon coke con laboratorio soprastante al fuoco, in cui i pezzi sono disposti e riscaldati dalle fiamme e dai gas caldi. Altri sono costruiti in modo da riscaldare delle camere isolate dove sono posti i pezzi sottraendoli al contatto diretto con le fiamme.
Altri ancora riscaldano dei bagni di piombo che, dopo la fusione, può essere portato fino a 700° offrendo un bagno dove i pezzi sono immersi, con una buona uniformità di riscaldamento. I bagni di piombo possono essere sostituiti da bagni di sali fusibili che raggiungono temperature costanti tra i 700° e i 1000°C (per esempio la miscela di cloruro di bario per due parti e cloruro di potassio per una parte).
Ci sono anche forni elettrici per tempera che riscaldano dei bagni di sale di bario, che fonde ad 800° e può essere riscaldato fino a 1300°: offrono il vantaggio dell'uniformità della sorgente di calore non dovendo attingere il calore stesso dall'esterno. Ovviamente, non disponendo di forni di questo tipo, per riscaldare i pezzi per la tempera occorre adoperare la comune fucina.
Bisogna, in tal caso, preferire il carbone di legna che offre il vantaggio di sviluppare un calore moderato, senza produrre scorie; in mancanza, si potrà usare il carbon fossile, avendo cura però di mettere il pezzo al fuoco solo quando la combustione è completa, ovvero quando sono cessati sia il fumo che le fiamme: questa precauzione è indispensabile per assicurarsi che lo zolfo contenuto nel combustibile sia totalmente bruciato. A tal proposito rammentiamo che l'azione nociva dello zolfo sull'acciaio si manifesta con macchie caratteristiche sulla superficie levigata dei pezzi.
II carbone, sia esso di legna o fossile, sarà usato a pezzetti non più grandi di una noce, ed il pezzo d'acciaio da riscaldare sarà disposto nel fuoco in modo che resti ben coperto e riparato dall'azione diretta dell'aria, che dovrà essere regolata con moderazione. Per ottenere una distribuzione uniforme di temperatura in tutta la massa del pezzo, occorre cambiare di continuo la sua posizione nel fuoco. Allo scopo di evitare al pezzo da temperare sia il contatto diretto col carbone che con l'aria di ventilazione, si usa spesso situare una lamiera di ferro sul fuoco, sulla quale poi si adagia il pezzo; oppure, se la forma di quest'ultimo lo consente, si usa un tubo di ferro che arroventandosi riscalda per contatto il pezzo in esso introdotto.
Gli acciai, a seconda della loro composizione, vanno riscaldati diversamente per la tempera. Il loro grado di temperatura è misurato con appositi strumenti o si deduce dal colore che assume il pezzo arroventato.
Generalmente ci si attiene alle seguenti indicazioni:
Colore | Temperatura corrispondente |
rosso ciliegio | 800°C |
rosso ciliegio chiaro | 850°C |
rosso salmone | 1000°C |
arancio chiaro | 1100°C |
giallo paglierino | 1250°C |
I bagni, adoperati per raffreddare i pezzi da temperare sono composti da diverse sostanze: acqua a temperatura ambiente, acqua bollente, acqua saponata, soluzione acquosa satura di sale marino, soluzione acquosa satura di soda, latte di burro, latte scremato, olio (di oliva, di colza, di lino, minerale), sego fuso, grasso di cavallo fuso, glicerina, petrolio, catrame di legna, acido solforico, piombo fuso, mercurio, ecc... ad ognuna delle quali si attribuiscono qualità particolari.
In verità, dopo molte esperienze condotte con rigore scientifico, risulta che gli effetti di alcuni bagni poco differiscono fra loro.
Possiamo ritenere che tre sono i bagni che danno effetti sostanzialmente diversi, sufficienti in pratica per le esigenze da soddisfare:
Il bagno d'acqua deve contenerne una quantità tale da poter spegnere i pezzi arroventati, senza che la sua temperatura si elevi sensibilmente. Nei grandi impianti le vasche sono a circolazione continua e per certi lavori speciali l'acqua è riversata sul pezzo da apposite docce.
Il recipiente per la tempera ad olio deve contenerne per lo meno un peso doppio del peso del pezzo da temperare.
Per grandi impianti, l'olio del bagno è raffreddato da serpentine nel quale circola acqua fredda, o dalle pareti stesse del recipiente tenute fredde da circolazione d'acqua all'esterno. Infine, il bagno di piombo deve mantenersi alla temperatura di fusione (330°C) senza surriscaldarsi.
La tempera, se conferisce all'acciaio la durezza richiesta, lo rende allo stesso tempo fragile, inconveniente che bisogna ridurre il più possibile.
Lo scopo, di capitale importanza, si raggiunge col rinvenimento, che consiste nel riscaldare di nuovo il pezzo temperato fino ad un certo limite, che la pratica consiglia di scegliere fra 200 e 400°C.
In tal modo, le tensioni molecolari provocale dalla tempera si disperdono e l'acciaio, pur conservando la voluta tenacità, diventa meno fragile, ossia acquista una certa resistenza all'urto che ne garantisce la robustezza durante il lavoro al quale dovrà essere sottoposto.
Il rinvenimento si può operare in due modi: interrompendo la tempera del pezzo e servendosi del calore residuo della massa d'acciaio oppure riscaldando nuovamente il pezzo, raffreddato dopo aver ricevuto la tempera completa.
Il primo modo è quello più semplice e veloce che si usa praticare per i comuni utensili da taglio ma è consigliabile avvalersi sempre del secondo, col quale è possibile raggiungere un risultato più preciso.
Il rinvenimento degli acciai si esegue servendosi degli stessi forni di riscaldamento e di ricottura. Essi sono forniti di termometri che permettono di valutare esattamente la temperatura che si vuole raggiungere. Poiché questa temperatura è relativamente moderata, si ricorre spesso ai bagni d'aria, di grassi, di sali riscaldati oppure al calore indiretto di piastre di ferro riscaldate a gas.
Nelle piccole officine, non provviste degli appositi forni citati, si può praticare il rinvenimento degli acciai in maniera assai soddisfacente impiegando una fucina ordinaria a carbone di legna, su cui si fa arroventare una lamiera di ferro bucherellata e su di essa si appoggiano i pezzi da far rinvenire, variando spesso la loro posizione perché si riscaldino uniformemente. Si può anche servirsi della sabbia raccolta in una cassetta di ferro o di ghisa che si mette al fuoco e, quando la sabbia è uniformemente riscaldata, vi si depongono sopra gli acciai da far rinvenire. Per stimare la temperatura di rinvenimento è utile riferirsi alla tinta che assume la superficie dell'acciaio per effetto del velo d'ossido che si forma su di essa.
Abbiamo i seguenti dati pratici:
Temperatura | Colore |
fino a 200°C | nessuna colorazione |
200-220°C | giallo chiaro |
220-230°C | giallo |
230-245°C | giallo cupo |
245-255°C | giallo bruno |
255-265°C | rosso bruno |
265-275°C | rosso porpora |
275-285°C | violetto |
285-295°C | blu violaceo |
295-310°C | blu chiaro |
310-325°C | grigio |
oltre 330°C | cessa ogni cambiamento |
Si capisce che man mano che cresce la temperatura di rinvenimento la durezza dell'acciaio va scemando, quindi è indispensabile la conoscenza del grado di rinvenimento appropriato per ciascun oggetto d'acciaio che richiede la tempera.
Di seguito troviamo alcuni dati che servono a far comprendere i vari gradi di rinvenimento per diversi tipi di oggetti od utensili.
Il rinvenimento si opera su quegli acciai che hanno la tempera forte, cioè eseguita nel bagno d'acqua.
Quegli oggetti che sono stati temperati nell'olio o nel piombo non hanno bisogno di rinvenimento, essendo già al voluto grado di durezza; tali sono, ad esempio, le molle ed alcuni organi di orologeria.
Prima di temperare un pezzo che ha subito lavorazione meccanica a caldo o a freddo sarebbe conveniente ricuocerlo e quindi riscaldarlo per la tempera.
L'acciaio ancora caldo di fucinatura non va mai temperato; bisognerà lasciarlo prima raffreddare gradatamente e successivamente rimetterlo al fuoco per sottoporlo alla tempera, altrimenti il pezzo può essere soggetto a deformazioni.
Oltre le precauzioni precedentemente dette, da tenersi nel riscaldare l'acciaio, aggiungiamo che la buona pratica consiglia di togliere dal fuoco il pezzo un po' più caldo del punto voluto servendosi di tenaglia a bocca sottile, asciutta e precedentemente riscaldata.
Così facendo è possibile lasciar raffreddare il pezzo al giusto grado e quindi immergerlo nell'acqua. In questa operazione bisogna ricordare che per evitare deformazioni il pezzo deve entrare e restare nel bagno secondo il suo principale asse di simmetria e deve essere mosso di continuo nell'acqua, perché si raffreddi regolarmente.
Ad esempio, un maschio sarà introdotto nel bagno tenendolo verticalmente; una fresa per ruote dentate sarà tenuta col suo piano in posizione orizzontale.
A volte capita che un pezzo d'acciaio a cui è fatta tutta la tempera in acqua non fatto rinvenire subito si rompa spontaneamente. Il fatto si può attribuire all'azione delle tensioni molecolari interne, provocate dalla tempera forte. Sarà perciò prudente procedere al rinvenimento dell'acciaio subito dopo il suo raffreddamento in acqua.
Infine, per ottenere tinte vive di rinvenimento, dalle quali poter giudicare agevolmente la temperatura voluta, occorre preparare il pezzo con superfici ben levigate ed accuratamente sgrassate.
Generalmente, per gli scalpelli a mano e per gli utensili da taglio comuni delle macchine utensili si usa praticare la "tempera interrotta", ovvero il rinvenimento si fa sfruttando il calore residuale della tutta tempera, visto che occorre raffreddare una sola estremità del pezzo.
Nel caso dello scalpello, dopo averlo fucinato, ricotto e aggiustato al voluto angolo di taglio, bisogna levigarne le facce verso l'estremo affinché le tinte di rinvenimento riescano ben distinte, quindi lo si mette al fuoco con le note precauzioni, ricordandosi che una forte ossidazione sull'acciaio ostacolerebbe la tempera.
Non appena la punta, per l'altezza di circa due centimetri, è giunta al color rosso ciliegio, si toglie dal fuoco lo scalpello e lo si immerge dal lato della punta per circa un centimetro nell'acqua, tenendolo verticalmente e agitandolo per pochi secondi, finché il color rosso sparisce.
A questo punto, si estrae lo scalpello dal bagno e con una lima dolce si puliscono velocemente le due facce precedentemente limate, sulle quali si vedranno ben presto passare successivamente le tinte di rinvenimento. Nell'istante in cui la tinta appropriata (vedi sopra) arriva a coprire il tagliente si tuffa rapidamente tutto lo scalpello nel bagno, agitandolo per qualche secondo finché non sia completamente raffreddato.
Questo raffreddamento brusco ha lo scopo di fissare lo stato di rinvenimento al grado cui è giunto.
Infine, per saggiare la tempera data, con la stessa lima dolce si prova ad attaccare le faccette del tagliente e, dalla resistenza che si incontra, si arriva a giudicare l'esito dell'operazione, che si può ripetere se non ben riuscita.
Con le non mai abbastanza ripetute precauzioni, si riscalda il creatore al rosso ciliegio scuro e, quando ha assunto un'uniforme temperatura, lo si tuffa nell'acqua, facendolo calare nel bagno verticalmente. Lo si agita sino al completo raffreddamento per far sì che il vapore che si forma intorno al pezzo sia eliminato mano a mano e non ne ritardi la diminuzione di temperatura.
Per tale operazione si può legare il creatore ad un filo di ferro resistente col quale poterlo maneggiare al posto delle tenaglie.
Una volta data la tutta tempera si puliscono le parti non filettate con tela smerigliata fine ed asciutta, specialmente le scanalate, per preparare al meglio il creatore al rinvenimento.
Il rinvenimento si praticherà agevolmente, servendosi della sabbia riscaldata sul cui letto si adagerà il creatore, avendo cura di rivoltarla a poco a poco e di continuo: così facendo si vedranno passare sulle superfici pulite del pezzo le varie tinte del rinvenimento finché, quando il colore sarà quello voluto, con rapidità si tufferà verticalmente il creatore nell'acqua, rigirandolo sino a completo raffreddamento.
Subito dopo si farà il solito assaggio con la lima, per controllare il risultato dei rinvenimento.
Se, invece del creatore, si fosse trattato di una molla a spirale, sarebbe stato più comodo operare il rinvenimento introducendo nel cavo di essa un pezzo di ferro cilindrico, di corrispondenti dimensioni e riscaldato al calor rosso.
Se si fosse trattato di una piccola molletta a balestra, o di altra forma, il rinvenimento si sarebbe potuto conseguire tenendola ad una certa distanza sospesa sul fuoco, e facendo cadere su di essa dell'olio che, accendendosi, l'avrebbe riscaldata convenientemente
Infine, ricordiamo che dovendo far rinvenire un utensile a tinte diverse da un capo all'altro, è utile immergere in un bagno di piombo fuso il terminale che deve risultare più tenero. In questo modo, la parte del pezzo che resta fuori del bagno assume le tinte progressive corrispondenti a graduali durezze dell'oggetto. Non resta che fissare la tempera nello stato richiesto col solito brusco raffreddamento.
E' il processo che permette l'arricchimento superficiale di carbonio di un dato acciaio, ottenuto per mezzo di una ricottura prolungata e ad alta temperatura in un ambiente capace di cedere carbonio. A ciò seguono una o più tempre. Lo scopo finale è dare un'elevata durezza superficiale ad un pezzo con un cuore relativamente tenero.
Dobbiamo aggiungere solo poche parole per illustrare i mezzi in uso per la cementazione di organi ed utensili come perni, maglie per catene, ruote dentate, frese, calibri, ecc..., costruiti con acciaio dolce.
Innanzitutto, il vantaggio della cementazione è di ordine sia tecnico che economico, perché certi oggetti pur dovendo essere di grande durezza, sono costruiti con acciai teneri e quindi di esecuzione facile e di poco costo e poi induriti con la cementazione e tempera seguente.
I cementi adoperati sono di tre specie: solidi, liquidi e gassosi.
Con questo nome sono indicati alcuni utensili di acciaio con forme diverse ma destinati ad uno scopo solo: raschiare le superfici metalliche per rettificarle: i due tipi più comuni sono il raschiatoio piano o raschietto ed il raschiatoio a triangolo o raschino.
II raschietto, lungo circa 30 cm., presenta all'estremo A una faccia piana che forma due taglienti uguali ad angolo di 90°, il superiore e l'inferiore, mentre all'estremo B presenta una ripiegatura con due facce formanti un solo tagliente ad angolo minore di 90°.
II raschino non è altro che una vecchia lima a triangolo le cui facce, verso l'estremo, sono state arrotate ed affilate accuratamente, in modo da ottenere tre taglienti con angoli di 60° e a spigoli curvi; questa forma permette di poter agevolmente raschiare le superfici concave di qualsiasi curvatura.
Per rendere più veloci le successive affilature si usa praticare, con una mola adatta, un'incavatura su ciascuna faccia del raschino come è rappresentato nella figura, e per poterlo maneggiare con la dovuta forza vi si applica un manico di lima.
II lavoro del raschiatoio, che segue quello della lima fine, perché con esso il metallo è asportato a trucioli sottilissimi, richiede grande abilità e precisione.
Vi sono materiali che, ridotti in polvere, costituiscono un mezzo efficace di finitura dei metalli.
Questi sono lo smeriglio, il carborundum, il vetro, la pietra arenaria, la pietra di levante, la pietra pomice ecc..., le cui polveri si usano impastandole con olio o con acqua e distendendole su pezzi di legno, per mezzo dei quali sono sfregate sulle superfici metalliche.
Ovviamente i pezzi di legno debbono avere forme e dimensioni secondo i corpi da rettificare (l'operazione si dice genericamente smerigliatura), quindi si hanno legni a forma di lima, a forma di cuscinetto, di morse a cerniera ecc..., talvolta rivestiti di cuoio o di lamine di piombo sulle facce che devono lavorare, per dar modo allo smeriglio di far presa e di rimanere a lungo sull'utensile.
Un mezzo conosciuto da tutti per la smerigliatura è rappresentato dalla tela e dalla carta a smeriglio, su cui lo smeriglio è attaccato con colla. In commercio si trova la tela a smeriglio distinta coi numeri 1, 2, 3 e 4 dalla più fine alla più grossa e la carta a smeriglio dai numeri 000, 00, 0, 1, 2 e 3, dalla estremamente fine alla più grossa.
Quando le superfici di un oggetto di ferro si vogliono levigare al massimo grado, sino ad ottenere una lucidatura resistente all'ossidazione, dopo averle smerigliate sono brunite mediante uno speciale utensile detto, appunto, brunitoio.
E' costituito da una verga di acciaio temperato, per lo più a forma di cono schiacciato avente cioè corpo rotondo incurvato e terminante a punta, con superficie brillante come specchio; dall'altro estremo è provvisto di un manico di legno. Questo arnese, impugnato per il manico, è compresso e strofinato con forza sulla superficie da brunire, in modo da schiacciare le ineguaglianze del metallo.
Con l'uso, i brunitoi perdono il loro potere; vanno allora ravvivati con olio sfregato sulla loro superficie per mezzo di una stecca di legno nuda o rivestita di cuoio.
L'acciaio temperato, non potendosi trattare col brunitoio, è brunito in alternativa con calce viva e carbonato di potassa, strofinato con pezzi di legno o con pezzi di cuoio.